Mittente o mandante?

Mittente o mandante? Allora. La mia adorata Zippora mi dice che posso anche registrami con uno pseudonimo o, deduco, un alias, un a.k.a o, più poeticamente, un nom de plume. Ma insomma, benchè il post sia un post, io, nel mio piccolo da-sein sono sempre il mittente delle mie missive, sono io che scrivo a qualcuno, nessuno, centomila. Perché dovrei trasformarmi da mittente in mandante? La mandante delle mie parole sono io. Io sono le mie parole. Non ho un governo ombra nel mio cervello, né voglio incolpare l’ufficio-stampa. Non ho voglia di dire “non mi ricordo”, oppure “io non l’ho mai detto”, non voglio delegare la responsabilità a un fittizio altro-da–me. E’ una moda molto di moda che non mi piace. Sarà una questione di antica, pre-elettronica, pre-istorica responsabilità. Credo che anche questo possa essere un passaggio, una vecchia, forse giurassica, Innovazione: dal parlare dietro allo schermo alla responsabilità delle proprie parole, delle proprie cazzate e delle poche volte che ci si azzecca. Voi che ne pensate dell’urgenza di chiamare le cose con nome e cognome, del tipo…una rosa è una rosa, tanto per cominciare, nonostante tutte le sfumature in mezzo?